Mini-bond, un trend in crescita
È ufficiale. Nel biennio 2017-2018, i mini-bond sono diventati la prima fonte di finanziamento alternativa al canale bancario.
Secondo i dati dell’Osservatorio Entrepreneurship & Finance del Politecnico di Milano, nel 2018 ben 176 imprese hanno scelto i mini-bond per finanziare le attività, mentre le emissioni annue sono salite a 198.
I fondi di private debt istituti dalle Società di Gestione del Risparmio si confermano invece i primi investitori in mini-bond.
Ecco alcuni dati emersi dall’annuale "Report Mini-bond" pubblicato dall’Osservatorio:
- nel 2018 il numero delle imprese emittenti italiane è aumentato del 17% rispetto all’anno precedente, con l’introduzione di ben 123 nuove imprese sul mercato. In totale, il numero delle imprese italiane che hanno collocato mini-bond dal novembre del 2012 è salito a quota 498;
- anche il numero delle emissioni ha registrato un aumento del 5,3% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di 746 emissioni;
- in calo invece l’importo medio delle emissioni, che è sceso 22,4 milioni. Nel 2018 il valore nominale complessivo raccolto è stato di 4,3 miliardi, ben 2,2 miliardi in meno rispetto al 2017. Il valore medio della cedola fissa è 5,06%, 5,38% per la cedola indicizzata, contro un valore a 5 anni di un BTP pari a 2,45%.
Data la costante crescita di questo strumento di finanziamento, abbiamo raccolto in questo articolo le informazioni indispensabili da conoscere prima di emettere o investire in mini-bond.
Mini-bond, cosa sono?
I mini-bond sono titoli di debito (obbligazioni e cambiali finanziarie) introdotti con il “Decreto Sviluppo” del 2012 di valore inferiore ai 500 milioni di euro emessi da imprese non finanziarie, quotate o non quotate in borsa.
Comunemente tuttavia ci si riferisce ai mini-bond per le obbligazioni emesse dalle piccole e medie imprese non quotate in borsa, che costituiscono la maggioranza del mercato italiano.
Secondo la normativa, possono emettere mini-bond tutte le PMI Italiane diverse da banche e micro imprese (ovvero imprese con un fatturato fino a 2 milioni di euro e fino a 10 dipendenti), mentre possono investire in mini-bond solamente investitori qualificati o istituzionali, come banche, SICAV, SGR, intermediari, società di investimento e alcune banche estere autorizzate.
Come tutte le obbligazioni finanziarie, i mini-bond riconoscono un tasso di interesse agli investitori, erogato attraverso il pagamento di cedole fisse o variabili.
I mini-bond hanno in genere una scadenza (maturity) a medio lungo termine: di solito attorno ai 5 anni, ma in ogni caso mai inferiore ai 36 mesi. Possono essere rimborsati al momento della scadenza (modalità bullet) o ratealmente (modalità amortizing).
Nella maggior parte dei casi nei termini contrattuali sono previste opzioni call e/o put, che prevedono la possibilità di rimborso in anticipo del capitale: se i termini di rimborso possono essere anticipati a discrezione dell’emittente si parla di emissioni callable, putable se a discrezione dell’investitore.
Vantaggi per le imprese
I mini-bond sono lo strumento di finanza alternativa più utilizzato in Italia. Attraverso questo canale è possibile:
- diversificare le fonti di finanziamento;
- ridurre la dipendenza dal credito bancario;
- migliorare i rapporti banca-impresa;
- avvicinare le aziende al mondo finanziario in vista di eventuali future quotazioni (IPO).
L’accesso a finanziamenti a medio-lungo termine incrementa la liquidità, migliorando in generale l’equilibrio economico-finanziario dell’azienda. Ciò può portare a sua volta ad una valutazione più alta dell’affidabilità creditizia, migliorando le condizioni di accesso al credito bancario.
Come emettere mini-bond
L’emissione di mini-bond non richiede l’appoggio degli intermediari bancari, ma può essere fatto in autonomia avvalendosi di alcune figure consulenziali.
Innanzitutto è necessario definire un business plan che evidenzi le motivazioni e rassicuri i finanziatori sulle capacità dell’azienda nel generare flussi di cassa necessari a coprire il pagamento delle cedole e il rimborso del capitale investito. In genere è consigliabile avvalersi della consulenza di un advisor, una figura che guida l’impresa nella definizione della strategia e nell’individuazione di termini generali dell’emissione (valore, scadenza, modalità di rimborso, presenza di opzioni call/put, ecc.). Inoltre, strumenti avanzati di gestione del rischio finanziario sono utili in questa fase a definire possibili scenari di rischio per l’impresa e a effettuare analisi previsionali dell’andamento della società.
In secondo luogo, è necessario ricorrere a consulenti legali per la stesura e la stipula del contratto e la verifica dei requisiti di compliance.
Il terzo step è costituito dal collocamento dei titoli. I mini-bond possono essere quotati sul mercato borsistico italiano. Il listino più “quotato” è Extra MOT PRO, il mercato per lo scambio di obbligazioni, cambiali finanziarie e project bond.
Il collocamento può avvenire contattando direttamente le società specializzate nell’intermediazione mobiliare (SIM) o avvalendosi degli arranger, figure che già dispongono di una rete definita che si occuperanno di individuare potenziali investitori.
I costi di emissione, chiaramente variabili a seconda dalla complessità dell’operazione, sono fiscalmente deducibili. Nel 2018 l’Osservatorio del Politecnico di Milano ha registrato una riduzione dei costi di collocamento, dovuti probabilmente ad una maggiore standardizzazione dei processi.
Aumentare le possibilità di collocamento con il credit rating
Sebbene non sia obbligatorio, il rating di credito è una valutazione utile in varie fasi del processo di emissione di mini-bond:
- nella definizione del business plan, un rating consente di definire lo stato di salute di partenza e a stabilire una strategia di finanziamento sostenibile dall’azienda;
- nella fase di collocamento del titolo, un giudizio di affidabilità creditizia può rassicurare gli investitori sull’opportunità dell’investimento e sul rischio di insolvenza dell’emittente.
Il rating può essere richiesto sia dall’azienda stessa, e in tale caso si parla di rating solicited, che dagli investitori interessati a valutare il profilo di rischio dell’emissione; in questo caso si parla di rating unsolicited.
I rating solicited possono essere diffusi pubblicamente come garanzia di affidabilità o comunicati in via confidenziale al solo soggetto richiedente: nel primo caso il rating sarà disclosed, nel secondo undisclosed.
In caso di rating unsolicited, il rating sarà sempre undisclosed.
modefinance è il secondo player nazionale nell'emissione di rating sui mini-bond
Nel 2018 modefinance ha emesso 12 nuovi rating undisclosed sui mini-bond, 10 dei quali solicited e 2 unsolicited, diventando a solo un anno dalla sua entrata su questo mercato il secondo maggiore player nazionale nell'emissione di rating sui mini-bond.
Il 42% delle aziende valutate ha ottenuto un investment grade, ovvero un giudizio pari o superiore a B1- nella scala di rating utilizzata da modefinance, il restante 58% ha ottenuto invece una valutazione inferiore (speculative grade).
A prescindere dal risultato, il rating rappresenta la migliore opportunità per la società emittente e per gli investitori di ottenere un giudizio avulso da qualsivoglia ingerenza o esigenza commerciale.